Il Certificato di Stato Legittimo (CeSLe)| Modello in PDF editabile

Il decreto semplificazioni 2020 aggiunge un nuovo acronimo nel vocabolario edilizio. Dopo le ormai ben consolidate CIL, CILA, DIA (pace all’anima sua), SCIA, SCAgi, PDC, SUAP, SUE, DURC e CDU ecco arrivare CeSLe (ebbene si, lo faccio mio perchè CSL è brutto) ovvero il Certificato di Stato Leggittimo, normato dalle ultime modifiche della legge 120/2020 al D.P.R. 380/2001.

In parole povere, il CeSLe non è altro che una dichiarazione asseverata in cui un tecnico abilitato certifica la conformità edilizia di un immobile non soggetto ad intervento edilizio! Infatti, prima dell’introduzione del nuovissimo art. 9-bis in cui compare la dicitura stato legittimo, si utilizzava genericamente intitolare tale documento con relazione di accertamento di conformità urbanistica (derivante dall’art. 36).

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Si tratta quindi di verificare se il fabbricato nello stato attuale in cui trova presenta delle violazioni edilizie rispetto allo stato autorizzato tramite titoli edilizi. Facile a dirsi, difficile però da mettere in pratica.

Il termine violazioni edilizie, potrebbe sembrare strano, ma è nuovissimo ed è sempre stato introdotto con il decreto semplificazioni (prima si usava il termine abuso edilizio genericamente per qualsiasi tipologia di difformità). E l’art. 34-bis nei commi 1 e 2 spiega quale è il confine oltre al quale un immobile presenta violazioni edilizie.

Il famigerato 2% di tolleranza costruttiva dettato dal comma 1 è oramai applicato da anni ed è chiaro: altezza, distanze, cubatura e superficie coperta di ogni singola unità immobiliare.

I problemi interpretativi sorgono al comma 2 in cui il legislatore si è spinto oltre, volendo appunto normare ciò che prima non era mai stato normato dal D.P.R. 380/2001. Solo per edifici non soggetti alla tutela del D. Lgs. 42/2004, non costituiscono violazioni edilizie (ovvero rientrano nelle tolleranze costruttive):

le irregolarità geometriche e le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, nonché la diversa collocazione di impianti e opere interne, eseguite durante i lavori per l’attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudichino l’agibilità dell’immobile.

Potrai capire che l’interpretabilità personale di questo comma è ampia e lascia spazio a forti dubbi:

  • qual è la soglia di modifiche di minima entità alle finiture degli edifici?
  • cosa si intende per opere interne? Sicuramente potranno rientrare i semplici divisori (a mio avviso) ma muri portanti, solai, scale rientrano o no?
  • come faccio a dimostrare che le modifiche sono state eseguito durante i lavori per l’attuazione di titoli abilitativi edilizi e non successivamente?

Il principale problema si pone quindi sul comma 2 in cui un tecnico dovrà assumersi la piena resposabilità di ciò che andrà ad asseverare, non avendo la piena sicurezza di ciò che la normativa potrebbe intendere.